venerdì 10 febbraio 2023

Noi pescatori siamo poco considerati. Anzi, siamo "considerati meno dei cani".

 In questi giorni mi è tornato sotto gli occhi un articolo di giornale su noi poveri pescatori sportivi, articolo che mi aveva colpito e che perciò al tempo fotografai, tanto per consegnarne il ricordo ai posteri e farlo girare nelle chat dedicate alla pesca nell'immediato. Non ricordo precisamente la data in cui venne pubblicato, sicuramente è passato del tempo, ma è comunque un argomento che non risulta attempato, anzi, è attuale più che mai. Avevo già scritto sul blog in merito alla situazione del Porticciolo di Cecina facendo una semplice narrazione della considerazione riservata a noi pescatori in quel luogo. Ed anche oggi, facendo mente locale, mi rendo sempre più conto che la categoria "pescatori" non deve rimanere molto simpatica agli enti governativi ed alle pubbliche amministrazioni, locali e non.

Come giustamente faceva notare l'articolo di denuncia, tanti luoghi sono ormai interdetti alla pesca sportiva, anche in modo definitivo, come generalmente avviene all'interno delle aree portuali. E molti luoghi lo diventano in modo temporaneo, con cadenza stagionale, come accade lungo le nostre belle spiagge durante il periodo estivo. E proprio queste ultime limitazioni appunto limitano (anche sensibilmente) la possibilità di praticare la nostra passione in un sacco di luoghi ed occasioni, spesso coincidenti proprio con le nostre ferie estive, nelle quali potremmo dedicarci con più costanza, tranquillità e profitto alla nostra passione.
L'idea della considerazione inferiore a quella dei cani deriva dal fatto che ogni comune della costa italiana riserva appunto spiagge dedicate ai cani ed ai relativi proprietari che così possono godere il mare in compagnia del loro amico a quattro zampe senza infastidire le altre persone, le famose "dog beach". Invece di "fisherman beach" a me non ne risulta istituita nemmeno una. E così durante l'estate, noi poveri pescatori siamo costretti ad inerpicarci su scoscese scogliere che manco le capre percorrerebbero, a camminare per svariati perigliosi chilometri con ai piedi semplici infradito od a sacrificare preziose ore di sonno rompendo le scatole in piena notte a tutti i famigliari per poter fare qualche lancio in tranquillità sul mare.

Dopo il tramonto poi, visto che le uniche zone illuminate sono quelle portuali e quindi interdette, noi poveri pescatori dobbiamo armarci di torce, scarponi antiscivolo e tanta fortuna per praticare la pesca nelle zone libere, che generalmente sono più buie del lato oscuro della luna, rischiando oltretutto l'incolumità fisica e financo economica, visto che spesso le auto debbono essere lasciate in parcheggi incustoditi e completamente senza illuminazione alla mercé di simpatici figli di mign... Così il povero pescatore che ha intenzione di farsi una semplice aperipescata dopo l'orario di ufficio, magari anche in inverno quando le giornate sono più corte, deve sfidare la sorte in zone lontane dalla civiltà all'interno del nero pece della sera, tra mostri spaventosi e streghe malevole.

Vi sembra giusto? A me no. Anche perché, pensandoci un pochino, si potrebbero trovare delle semplici soluzioni per accontentare un po' tutti. E per sfruttare le potenzialità di una passione che attira moltissime persone.

Tornando all'estate ed alla limitazione oraria, infatti io mi domando: perché non prevedere tratti di spiaggia dove poter consentire la pesca per tutta la giornata? O magari lasciare a disposizione dei pescatori i pennelli di scogli (od anche solo alcuni di essi), lasciando così gli arenili a completa disposizione dei turisti amanti della tintarella? Alla fine la convivenza pacifica sulla spiaggia non dovrebbe essere così complicata da perseguire. Certo andrebbero studiate le modalità di attuazione ed i luoghi dedicati, ma con un po' di buon senso ed una stretta collaborazione tra amministrazioni locali ed associazioni di pesca sportivi, la fattibilità nell'istituzione di aree apposite per permettere la pesca anche negli orari giornalieri estivi diventerebbe indubbiamente possibile.

Solito discorso per le aree portuali. Va da se che in determinati punti (ad esempio le zone di ormeggio e di sbarco) per una questione di sicurezza è più che corretto, anzi è obbligatorio interdire l'accesso ai non addetti, ma in molte altre zone delle darsene, dei moli e delle scogliere portuali, il divieto di accesso per i pescatori è più una misura "di comodo" piuttosto che una reale necessità. Soprattutto quando si guarda alle murate esterne di un qualsiasi porto, turistico od industriale che sia, mal si comprende il divieto di accesso per praticare la pesca verso il mare aperto.

E questi divieti spesso non sono nemmeno ben segnalati.

Così alcuni di noi, un po' sperando nella bontà della sorveglianza, un po' per ignoranza effettiva della normativa interdittiva, sfidano la sorte varcando cancelli, aperture e sbarre delle zone interdette alla pesca, solo per "delinquere" con una canna in mano, assumendosi il rischio di spiacevoli ramanzine o addirittura del pagamento di salate contravvenzioni.

Ma la pesca, oltre ad essere uno sport riconosciuto, un importante svago, una fonte di possibile nutrimento è anche una risorsa economica da poter sfruttare seriamente, se venisse vista nella giusta ottica dalle istituzioni. Il turismo collegato alla pesca non è una bischerata. Basta farsi un giro sul web per capirlo. Come non lo è il giro di affari dietro alla produzione e vendita degli strumenti e delle attrezzature da pesca. Quindi perché non iniziare a pensare al mondo della pesca come una potenziale fonte di reddito? In fin dei conti nelle nostre città giustamente vengono previste aree attrezzate per lo svago, come i parchi giochi, così come vengono previste aree per attività sportive, come i campi da calcetto, pallacanestro, pattinaggio e via discorrendo. Perché non pensare anche alla pesca sportiva?

Logicamente non spingo nella direzione dell'utopica (e ridicola) speranza di istituzione di un laghetto gratuito, pieno di pesci ed aperto a tutti, in ogni comune d'Italia, ma ad una più razionale e fattibile programmazione di aree di pesca frequentabili da tutti, che siano grandi, piccini, anziani o disabili. Molti comuni italiani hanno nella loro giurisdizione zone di acqua, che siano esse torrenti, fiumi, laghi, cave o naturalmente il mare. Pochissimi di questi comuni pensano però a sfruttarli come vera e propria risorsa turistica, sportiva ed economica, lasciando spesso gli argini o gli arenili in condizioni di completo abbandono, senza prevederne l'utilizzo da parte di una popolazione interessata alla pratica alieutica. 

Questo comporta da un lato il degrado di aree che invece potrebbero essere curate, anche dai volontari delle associazioni di pesca stessi, e dall'altro il mancato guadagno dovuto al non sfruttamento del potenziale economico. E così le aree pubbliche abbandonate vengono frequentate da malviventi o da sbandati ed i negozi di pesca, una volta numerosi, chiudono. Praticamente una moltiplicazione dei danni. Se poi, come detto fino ad ora, si aggiunge a questi danni anche l'ulteriore scorno verso i pescatori dell'impossibilità di praticare la propria passione e svago in sicurezza, serenità e relativa comodità, il quadro diventa desolante.

Anche nelle aree portuali, soprattutto quelle di nuova realizzazione, sin dal progetto si potrebbe prevedere delle zone di libero accesso con postazioni di pesca illuminate e comodamente raggiungibili, anche in sedia a rotelle. Così invece che aree interdette desolate (quindi luoghi di possibile ritrovo del malaffare) potrebbero diventare attraenti luoghi di passeggio, di ritrovo, di svago e quindi consegnati alla pubblica utilità, invece che sottratti ad essa.

Ne guadagneremmo tutti.

In conclusione ribadisco: la pesca è un importante svago che avvicina generazioni diverse, padri e figli, nonni e nipoti, amici e parenti, in momenti di assoluta tranquillità, seduti (o in piedi nel caso di noi spinningofili) in mezzo alla natura ed alle sue ricchezze, sempre più abbandonate in favore di una vita arida vissuta telefonino alla mano. Già solo per questo la pesca meriterebbe la massima attenzione da parte delle istituzioni. Ma se non volessero guardare al lato puramente sociale, guardando a quello più materiale la pesca potrebbe rappresentare una concreta opportunità economica per molte realtà italiane, grazie al giro di affari che circola dietro alla vendita degli articoli, ma anche grazie al turismo ed al movimento di persone che potrebbero garantire luoghi ricchi di pesce, sapientemente attrezzati e liberati da ridicoli divieti, affinché i pescatori e le loro famiglie possano usufruirne con comodità.

Meditate gente, meditate.

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