martedì 10 gennaio 2017

Erano in ferie anche i pesci. Fortuna che c'è il nostro amico Calamaro

Eccoci al rientro dalle ferie (almeno per chi se le è potute godere) ed anche se la pesca a spinning in dicembre non è mai facile, spero che in molti vacanzieri si siano dedicati a questa bellissima passione. Personalmente, per avere qualche soddisfazione nella pesca in generale ed in particolare nello spinning con esche artificiali immerso nel freddo e gelido inverno, quando l'alta pressione è stabile ed il mare è limpido, mi dedico volentieri alla ricerca dei molluschi cefalopodi.
Ed anche in questa occasione ho fatto così, ricercando con successo il mitico calamaro.
Un bel calamaro vittima di un classico egi
In verità, dopo tre pomeriggi consecutivi di desolanti cappotti carpiati doppi dedicati rispettivamente al cavedano, al luccio ed alla spigola, per cercare di divertirmi sentendo almeno un essere vivente attaccato all'altro capo della lenza ho scelto, per il quarto ed ultimo pomeriggio libero, di dedicarmi all'eging, la tecnica di pesca specifica per i cefalopodi che negli ultimi anni ha preso sempre più piede tra gli spinningofili del nostro paese e che anche io ho iniziato ad apprezzare da due anni a questa parte.
Le condizioni meteorologiche erano infatti perfette per questa pesca, in virtù dei numerosi giorni di bel tempo con vento di terra dominante che aveva reso il mare limpido e calmo. Condizioni ottime anche per il pescatore, che finalmente con questa situazione climatica può godere di sole, aria salubre (anche se gelida) e spettacolari tramonti invernali sul mare, cose che si danno troppo spesso per scontate e non vengono mai apprezzate per quanto meritano veramente.
Ma veniamo a noi ed alla battuta di spinning, oops, eging in questione.

Destinazione della battuta di pesca una bella spiaggia vicino casa, nella quale si alternano ad un centinaio di metri di distanza l'uno da l'altro, dei pennelli di scogli piuttosto lunghi. L'occasione era ottima anche per testare finalmente una modifica effettuata (già da vari mesi) su una canna in mio possesso al fine di pescare proprio i cefalopodi.
L'occhio espressivo del calamaro
I primi tentativi e tutta la prima ora abbondante di pesca li ho dedicati alla seppia, amica di numerose divertenti avventure salmastre, lanciando l'artificiale perpendicolarmente alla battigia e recuperandolo a contatto con il fondo sabbioso, ma purtroppo, salvo il distinto attacco al mio egi da parte di una seppia troppo furba per farsi catturare, la pesca lungo la spiaggia si è dimostrata assolutamente infruttuosa. Ragion per cui, fatte le dovute considerazioni, ho diretto al mia attenzione ai pennelli di scogli.

Visto che il tramonto stava arrivando velocemente ed il rischio di ripercorrere le orme di Nobile in mezzo ai ghiacci si faceva sempre più probabile, ho immediatamente optato per la punta del pennello più vicino a me, giusto per guadagnare "più mare" possibile cercando di lanciare a largo le mie esche, nella speranza di imbattermi in branchi di cefalopodi diversi dall'amica seppia, ovvero calamari e totani.
Il compito che attende il pescatore in questi frangenti però non è così semplice come si potrebbe erroneamente pensare perché per poter catturare qualche esemplare è necessario trovare la giusta profondità di pesca ed il corretto colore dell'artificiale, visto che i nostri invertebrati sono volubili nei gusti e dotati di una spiccata intelligenza. Infatti non bisogna mai abbattersi, ma come nel classico spinning dedicato ai pesci, conviene insistere e variare recupero ed artificiali cercando l'inganno migliore.

Dopo circa una ventina di minuti di lanci ecco che, successivamente ad una ripartenza dopo un rilascio in caduta di qualche secondo, ho sentito distintamente un peso gravare sulla lenza e la mia canna ha iniziato immediatamente a flettersi sotto il tiro di un essere che pompava verso il largo.
Con calma, cautela ed attenzione ho iniziato il recupero mantenendo un ritmo di imbobinatura costante, aiutato dalla canna che assecondava perfettamente gli affondi del cefalopode. Cosa sarà? mi sono chiesto nell'attesa di vederlo. Un bel calamaro! mi sono risposto appena individuata la sagoma di quel rosso fiammante veramente spettacolare.
Che bell'animale che è questo mollusco!
Il tipico selfie con l'occhio della triglia
Dopo la foto d'obbligo ho provveduto al rilascio dell'esemplare (perché non fare catch & release anche con loro?) ed ho insistito per sfruttare al massimo la possibilità di essermi imbattuto in un branco di calamari. E così, proprio al successivo lancio, ho catturato un altro bel pezzo, vigoroso forse più del primo e sempre splendido nella sua livrea inconfondibile. Altra foto e via verso gli abissi marini.
Nei successivi lanci ho però avuto un solo altro attacco, ma purtroppo senza la possibilità di fotografare, ne tanto meno vedere, se fosse stato ancora un simpatico calamaro a farsi tentare dal mio egi. Comunque ero ormai ampiamente soddisfatto delle due catture effettuate e visto il freddo terribile susseguente al tramonto del sole che già mi faceva percepire un principio di congelamento alle dita delle mani e la perdita di sensibilità al prominente naso, me ne sono tornato al calduccio di casa con un cappotto in meno da stipare nell'armadio ed una storiella di pesca in più da raccontare.

Quindi, amici miei, se proprio gli amici pinnuti sono in vacanza, la pesca con esche artificiali ci può far ancora divertire e molto, semplicemente orientando la nostra attenzione verso altri predatori marini, senza la coda e le squame, ma con i tentacoli ed i grandi occhi. Però, mi raccomando con voi, abbiate con loro la solita considerazione ed il medesimo rispetto che concedete agli altri blasonati abitanti del nostro mare. Se le meritano.

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