Finite le ferie natalizie, eccomi di nuovo a scrivere qualche bischerata sulle mie avventure di pesca a spinning. In questo caso però non parlerò dei nostri amici pinnuti classici, ma di quelli "tentacolati", in particolare della seppia, il simpatico cefalopode che da qualche anno è diventato amico dei pescatori a spinning salsi.
L'eging, questo è il nome modaiolo (e corretto) della tecnica in questione, è un modo di pescare che non avevo mai sperimentato, essenzialmente perché dubbioso delle emozioni che un tale approccio allo spinning salso avrebbe potuto darmi. Che errore...
Ma andiamo con ordine.
Una discreta seppia vittima di una totanara |
Come spesso accade, nonostante si abbia a disposizione una settimanetta di ferie nella quale penseremmo di fare sfracelli, a noi poveri pescatori normali rimane giusto il tempo di dedicare qualche fugace battuta di spinning da inserire tra l'ora del thé prenotata dai parenti e la cena con gli amici per cazzeggiare dopo mesi di duro lavoro. Insomma poco o nulla. Pertanto è obbligatorio farsi furbi e quindi studiare vie alternative alle classiche modalità con cui si può progettare una battuta di pesca.
Avendo la possibilità di fare qualche bella passeggiata in riva al mare accompagnati dalla dolce metà per smaltire le pantagrueliche mangiate tipiche delle festività, la miglior cosa da fare era cercare una tecnica perfetta per quei momenti di tranquillità, anche in considerazione delle condizioni meteo marine veramente placide. Mare calmo, acqua limpida, temperature quasi primaverili... Cosa fare?
Mare calmo e tranquillità, condizioni perfette per la seppia |
La tentazione di provare qualcosa di nuovo era forte e quindi ho iniziato ad interessarmi proprio all'eging, leggendo e visionando vari tutorial facilmente reperibili sul web. Acquistate le prime esche, tre di numero nel vero senso della parola, alla prima occasione ho iniziato a mettere in pratica quanto appreso, utilizzando un attrezzatura "furba", cioè comoda da tenere sempre in bauliera e facile da sfoderare all'occorrenza.
Ebbene, un po' per la bravura innata che mi accompagna (beato chi ci crede!), un po' perché assistito dalla Dea della Pesca (per gli amici, culo), ho iniziato ad avere immediatamente dei risultati portando a riva varie seppie di differente pezzatura.
Ebbene, un po' per la bravura innata che mi accompagna (beato chi ci crede!), un po' perché assistito dalla Dea della Pesca (per gli amici, culo), ho iniziato ad avere immediatamente dei risultati portando a riva varie seppie di differente pezzatura.
Una bella seppia appena trascinata sulla battigia |
E' fuori discussione che la lotta dopo una ferrata non può essere paragonata a quella di un pesce dotato di pinne, ne può esserci paragone con l'attacco all'esca che una spigola, un serra o altri predatori possono sferrare. Dovremo scordarci le botte prepotenti in canna e le sfrizionate susseguenti ad una bella cattura, caratteristiche che non appartengono certamente all'eging.
Dovremo invece ricercare il lato calmo dello spinning, fatto più di sensazioni e pause, di delicatezza ed accortezza. Si perché riuscire ad estrarre dall'acqua questo mollusco è tutt'altro che semplice.
Una seppia ben avvinghiata all'esca. |
La soddisfazione dopo una cattura |
Innanzitutto l'attacco della seppia all'artificiale è spesso impercettibile. E' facilissimo confonderlo con l'aggancio di un ciuffo d'alga o qualche altro sudiciume presente sul fondale. La sensazione è infatti proprio quella di aver agganciato un sacchetto di plastica, senza alcun strattone ne movimento percettibile, ma solo un appesantimento più o meno consistente nel recupero.
Inoltre, ammettendo di riuscire ad accorgersi che la seppia è attaccata al nostro "egi", sarà difficoltoso anche portarla a riva perché in prossimità dello scalino in battigia non è raro che molli repentinamente la presa, girando il sedere per poi perculeggiarci allegramente.
Inoltre, ammettendo di riuscire ad accorgersi che la seppia è attaccata al nostro "egi", sarà difficoltoso anche portarla a riva perché in prossimità dello scalino in battigia non è raro che molli repentinamente la presa, girando il sedere per poi perculeggiarci allegramente.
Da qui si intuisce che l'eging non è proprio semplicissimo, ma anzi, è un tipo di pesca molto tecnico che si basa sulla delicatezza dei movimenti del pescatore (magari fra un po' scriverò un piccolo tutorial su questa pesca). Guai ad effettuare ferrate od eccessivi movimenti di canna. Così come sarà controproducente lasciare in bando la lenza.
Il nostro recupero dopo la cattura dovrà essere molto lineare e continuo, in modo tale che il cefalopode senta sempre la trazione e che gli spilli del cestello rimangano ben ancorati ai tentacoli della nostra amica seppia.
Anche l'eging sa regalare soddisfazioni allo spinningofilo |
In sintesi, se si ama lo spinning e ci piace praticarlo anche in mare, qualche tentativo alle seppie conviene farlo, soprattutto in quelle condizioni meteorologiche che sconsigliano la pesca a prede più rinomate. Il divertimento è assicurato ed oltretutto si può sfruttare la cosa per allenarsi sulle sensazioni percepite in fase di recupero, viste le caratteristiche precipue di questa tecnica. Inoltre, per coloro che non sono come me (che rilascio anche scarpe vecchie, lattine, bottiglie ecc.), da un punto di vista culinario sono catture assolutamente valide, molto più di svariati pesci che frequentano i nostri mari e che abbondano sui banconi delle pescherie.
Comunque, anche per queste simpatiche amiche, il catch & release rimane una delle migliori abitudini che il pescatore sportivo possa tenere.
In bocca alla seppia!
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