Cari lettori, dopo secoli dall'apertura del presente blog mi preme affrontare un argomento molto serio collegato alla pesca, anzi l'argomento principale di questo sport vissuto in modo moderno, ovvero il Catch & Release, che come tutti saprete significa rilasciare il pesce catturato (e se non lo sapete, studiate l'inglese!). Cercherò di scrivere scevro da dogmi e libero dalle costrizioni dovute al timore di offendere la sensibilità degli accaniti avversari o dei sostenitori fondamentalisti. In pratica scriverò quello che penso, come del resto ho sempre fatto in queste pagine virtuali.
Il simbolo identificativo del Catch & Release |
Per affrontare seriamente l'argomento partirò dall'esperienza personale che ci racconta di un piccolo Darth Waders novello pescatore, il quale, seduto sul molo del porto, offriva ai gatti randagi che accorrevano sul luogo ogni forma di vita prelevata dal mare con la sua canna fissa da quattro metri. Praticamente rappresentavo la "morte nera" per castagnole, salpe, sparlotti, ghiozzi, bavose e qualsiasi altro pinnato avesse la sfortuna di incontrare il lato oscuro della pesca. In quegli anni, cioè i settanta, il prelievo del pescato era cosa più che normale, indipendentemente da taglia o specie del pesce catturato. Nessuno ti diceva nulla ed anzi le mattanze dei piccoli pesci spesso preludevano a sostanziose zuppe per pranzo o cena.
Nei successivi anni ottanta e quindi con un po' più di consapevolezza di cosa fosse la pesca e con l'inizio delle letture mensili delle varie riviste stampate di settore (che bei tempi per l'editoria e noi usufruttuari) iniziai a cambiare atteggiamento, rilasciando tutti i pesci piccoli che catturavo e trattenendo solo quelli abbastanza corpulenti da far piacere alla mia famiglia per prelibati piatti di mare. Inoltre mi avvicinai finalmente alla pesca a spinning che, praticandola esclusivamente in acqua dolce, di per se non mi invogliava al trattenimento del pescato che ritenevo poco interessante dal punto di vista culinario, salvo le rare trote sopra misura che catturavo quando venivo portato in torrente.
Una volta sarebbe finito nella zuppa |
Già con la fine degli anni ottanta per poi proseguire nei ruggenti primi anni novanta, con una maggiore esperienza acquisita ed una quasi totale immersione nel mondo meraviglioso delle esche artificiali, il trattenimento del pescato divenne assolutamente sporadico e confinato essenzialmente a trote pollo o salmonidi feriti in maniera mortale. Anche delle prime spigole - catturate con mia grande gioia - ne finirono in padella meno delle dita di una mano, proprio come omaggio e ringraziamento della felicità che mi procurarono nel catturarle, una novità assoluta per me che avevo praticato lo spinning esclusivamente in acqua dolce. Pertanto sul finire degli anni novanta il cammino verso una quasi totale immersione nella pratica del catch & release era compiuta.
Con l'avvento del nuovo millennio, l'utilizzo sempre più spinto della rete (quella internet, si intende), la possibilità di avere preziosi scambi di opinione con molti più pescatori e la possibilità di informarsi continuamente sul mondo della pesca, il vostro Darth Waders maturò definitivamente l'idea che rilasciare tutto ciò che rimaneva allamato alle proprie esche era la via corretta da seguire e dai primissimi anni duemila NON HA PIU' TRATTENUTO NULLA di ciò che ha catturato. E quando affermo nulla è veramente nulla. Confesso le sole due eccezioni in più di un ventennio di pesca: un rombo catturato durante una uscita di spinning dalla spiaggia ed alcune lampughe in una battuta effettuata in barca. Nient'altro.
I calamari vivono poco? Una ragione in più per rilasciarli |
Ho sistematicamente rilasciato anche i molluschi (seppie, polpi, calamari, totani), nonostante da molte parti si consigli di trattenerli perché "tanto vivono poco". Appunto perché vivono poco vale la pena praticare il catch & release anche con loro, così da non abbreviare ulteriormente il loro ciclo vitale comunque nobile e meritevole di rispetto come per le altre forme di vita marine che vengono abitualmente rilasciate.
E siamo ai giorni nostri. Eccoci arrivati alla completa maturazione del vostro Darth Waders, ormai lontanissimo dal lato oscuro della pesca e sempre più illuminato cavaliere Jedi, guidato dall'assoluta volontà di rilasciare ogni pesce catturato durante le scorribande in riva a torrenti, laghi, fiumi o mare. Anzi, aggiungo che ho anche evitato accuratamente quei torrenti o laghetti nei quali deve essere praticato obbligatoriamente il "si kill", proprio per non dover scendere a patti con la mia attuale profonda convinzione, cioè che una pesca sostenibile deve prevedere un quasi (e sul quasi tornerò dopo) assoluto rilascio del pesce catturato.
Come si può uccidere un esserino così simpatico |
La prima motivazione a sostegno di un tale comportamento è semplice, direi lapalissiana: meno pesce si uccide e più ce ne sarà a nuotare nelle nostre acque. E' il tipico 1-1=0, 1+1=2 ecc. da tutti immediatamente comprensibile. Spero non ci sia alcun bisogno di spiegazione. La seconda motivazione è ancora piuttosto semplice da capire: un pesce liberato continuerà a vivere e quindi a crescere. Ciò significa che la taglia dei pesci delle nostre acque via via tenderà ad aumentare e il pescatore (egoisticamente) potrà concretamente sperare di effettuare catture sempre più grandi. La terza motivazione viene di conseguenza: pesci più grandi significa pesci più maturi e pertanto più facilmente in grado di procreare e quindi di moltiplicare la presenza di generazioni future.
Queste sono tre ragioni che da sole dovrebbero convincere ogni pescatore a praticare il catch & release a cuor leggero, senza dubbi e senza perplessità perché un mare, un fiume, un lago od un torrente pieno di pesci, magari di taglia oversize, è il sogno di ogni pescatore sportivo. Se voi non avete questo sogno allora significa che non siete pescatori o per meglio dire non amate la pesca in se, ma quello che la pesca vi può procurare, cioè il pesce da mangiare.
Pescare una spigola come questa è sicuramente più divertente che pescarne una di 30 cm. |
Da uomo adulto ho maturato anche un altra convinzione legata al catch & release, una convinzione che trascende le questioni scientifiche e si avvicina più al concetto di karma, benché io non sia un seguace delle filosofie orientali. La natura, che non a caso viene appellata come madre, ci accudisce e ci concede l'onore di godere di ciò che offre, ma al contempo è pronta a prenderci a sculaccioni se non le riserviamo il rispetto che merita. Come la forza, per citare Guerre Stellari, da una natura ben disposta otteniamo "la possanza. E' un campo energetico formato da tutte le forze viventi. Ci Circonda, ci penetra e mantiene unita tutta la galassia" come sostiene il maestro Obi-Wan Kenobi. E proprio in questo modo io sono convinto che funzioni il nostro vivere. Ed un vero pescatore dovrebbe percepire chiaramente l'unione con la natura, ma soprattutto dovrebbe vivere in armonia con tutti gli esseri viventi ed in particolar modo con quelli acquatici. Pertanto il rispetto per i pesci pescati deve sempre essere massimo. Con le vite degli animali non si scherza, come una persona civile non scherzerebbe mai con quella degli altri esseri umani.
Vivendo con questa consapevolezza e rispettando il creato, la natura (come la forza) saprà ricompensarvi. Come? Non esiste una prova scientifica definitiva del come, ma voglio raccontarvi due interessanti aneddoti che mi sono accaduti negli ultimi due mesi dei quali ognuno potrà farsi la propria idea.
Chissà quante volte questo bass è stato rilasciato per crescere così |
Il primo richiede una premessa: cercando la spigola in una serata di fine settembre ho perso sul fondale della foce un artificiale a cui tenevo particolarmente, un po' perché sullo stesso avevo fatto delle modifiche particolari ed un po' perché negli anni (forse proprio grazie a quelle modifiche) mi aveva sempre regalato qualche bella cattura. Naturalmente ci sono rimasto molto male. Nel prosieguo della pescata ho poi catturato una bella corvina, un pesce noto per la bontà delle sue carni e non usuale per la pesca a spinning. E nonostante i pescatori presenti mi stessero infamando pesantemente, visto che la dimensione era valida per fare coppia con le patate, ho comunque provveduto ad un felice rilascio. Fine della sessione di pesca e via a casa. Dopo qualche giorno sono tornato in zona per un uscita ad eging. Ebbene a seguito di un lento recupero sul fondale ho percepito un aggancio con qualcosa che faceva una minima resistenza. Una piccolissima seppia? Macché, avevo "catturato" l'artificiale perso nella sessione di pesca precedente. Quante probabilità potevano esserci?
Secondo aneddoto. Altra serata di eging alla ricerca della regina delle seppie, visto il mare calmo, l'acqua limpidissima e la voglia di usare una tecnica poco stancante. Dopo qualche recupero a vuoto aggancio qualcosa di molto resistente che dopo qualche giro di manovella si ancora al fondo: un polpo. Me lo lavoro per una decina di minuti e poi riesco ad estrarlo dal mare. La taglia è di quelle notevoli, di quelle che richiamano alla mente pentola, patate e prezzemolo. Devo ammettere che dopo tanto tempo la tentazione di metterlo in saccoccia per portarlo a casa è stata molto forte, soprattutto per le continue richieste della mia dolce metà. Ed anche per i due pescatori che avevano assistito alla scena e che cercavano in tutti i modi di convincermi a portarlo a casa. Ma il credo nel catch & release scorre molto forte in me e quindi, come mio solito, ho provveduto ad un sereno rilascio. Dopo di ciò mi sono spostato di una decina di metri, ho effettuato un lancio lungo ed ho incocciato un bel trecciato da svariate libbre alla fine del quale ho trovato innescato un jerk da serra da 180, nuovo di pacca, di una delle marche più costose in circolazione. Coincidenza?
Alcune catture inanimate possono fare comodo per effettuare quelle animate |
Insomma, rilascio un pesce raro per lo spinning e molto apprezzato per le carni e ripesco un artificiale a cui tenevo particolarmente lanciando nella vastità della foce. Rilascio un bellissimo polpo dopo aver lottato con la tentazione di trattenerlo e pochi minuti dopo catturo un artificiale tra i più costosi. Non vi da da pensare? Lo so, in molti penseranno alla pura e semplice fortuna o per dirla alla toscana "culo". Ma vi posso assicurare che anche nel passato qualche ricompensa per il buon gesto è arrivata, anche se con varie forme ed in diversi modi. Insomma fare una buona azione, come salvare una vita di un essere vivente ormai alla mercé del pescatore, non può che rendervi uomini migliori e con questo farvi tornare a vivere in sintonia con il meccanismo energetico che mantiene interconnessi tutti gli esseri viventi, come del resto George Lucas ha egregiamente romanzato in Guerre Stellari (per non andare a scomodare in questa sede religioni e filosofie ben più serie). Comunque, anche se tutto ciò non fosse vero ed il mio scritto a voi sembrasse assolutamente ridicolo, rimane il fatto che un pesce non trattenuto è un pesce in più a nuotare nelle nostre acque, dolci o salate che siano, come ho chiaramente illustrato nelle tre motivazioni basilari a sostegno del catch & release scritte poco sopra. Vi sembra poco?
Ma affrontiamo il "quasi" scritto in merito al rilascio di tutto il pescato che appunto deve essere quasi tutto rilasciato. Tralasciando il trattenimento del pesce per sfamarsi in quanto non abbienti (una causa di forza maggiore comprensibile) una pesca sportiva, anche ludica, senza alcun risultato da portare a casa perde effettivamente di senso. La pesca è nata per procacciarsi il cibo. Pertanto eliminare del tutto la possibilità di praticare il catch & cook sgretola le basi stesse della pesca e da adito ai dubbi di molte persone sul senso di una pesca catch & release totale e quindi sul senso della pesca stessa che potrebbe essere poi interpretata come una insensata tortura ai pesci, anzi, per essere più precisi tortura con lo scopo ludico del pescatore e quindi proprio fuori da ogni minima concezione etica.
In alcuni casi mangiare ciò che si pesca può dare senso alla pesca stessa |
Pertanto il trattenimento occasionale del pescato non deve essere visto come un crimine, una pesante offesa al creato od ai pescatori moderni. Godersi con la propria famiglia il risultato di una "caccia" che per essere praticata richiede sacrificio, fatica, esborso economico, non può essere visto solo ed esclusivamente come un delitto, ma va visto come un modo conviviale per condividere con amici e parenti i frutti della propria passione. Non c'è nulla di sbagliato. Lo sbaglio, grave, è quello di fare delle inutili mattanze. Lo sbaglio è quello di trattenere ogni pesce pescato, anche se sopra la misura minima. Lo sbaglio è sfruttare le serate in cui il pesce gira ed abbocca per riempire secchi e buste, stipando il pesce nel congelatore. I supermercati sono pieni di pesce congelato: sfruttiamo quello. Inutile trattenere più pesce di quello che può essere mangiato il giorno stesso. Il piacere ed il gusto del fresco è godibile nell'immediato, non a giorni di distanza. C'è già la pesca professionale a garantirci inesauribili scorte nei banchi frigo. Noi, veri pescatori, questo non dobbiamo farlo.
Oggigiorno non regge nemmeno più la scusa del dover trattenere il pescato per presentare una prova tangibile che si è affettivamente catturato qualcosa. Con i cellulari sempre in tasca, basta una foto scattata al pesce per portare una prova dell'effettiva cattura ad amici e parenti e come ricordo duraturo di un bel momento di pesca.
Un selfie figo vale mille pesci trattenuti |
Concludendo questo articolo, ribadisco l'assoluta superiorità della pratica del catch & release o no-kill che dir si voglia sulla modalità catch & cook e questo per tutta la serie di ragioni che ho illustrato fino a qui, ma al contempo non mi sento di criminalizzare chi trattiene saltuariamente il pescato. Basta che le trattenute siano fatte con intelligenza e spirito sportivo, limitandole a pesci di taglia decente, magari gravemente feriti e comunque che non siano appartenenti a specie in sofferenza, evitando naturalmente sgradevoli ed insensate mattanze.
Il mio percorso da pescatore è stato lungo prima di arrivare a questa consapevolezza. Quindi posso comprendere che il C&R richieda un po' di tempo per essere compreso ed apprezzato, soprattutto da coloro che per molti anni hanno sempre trattenuto quanto pescato. Però la pesca del domani dipenderà dai nostri comportamenti odierni, quindi più saremo rispettosi della natura, più madre natura saprà ricompensarci con battute di pesca epiche. Cechiamo non di sfruttare, ma solo di usufruire di ciò che ci circonda ed il creato ci offre, per cercare di vivere il più possibile in sintonia con l'ambiente che ci accoglie.
Alla prossima!
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