Sapevate che la maggior parte del pesce catturato, ucciso e macellato non viene destinato alle nostre viziate pancine, ma... a quelle dei pesci stessi? Sembra una follia, ma invece è proprio così, perlomeno secondo lo studio delle organizzazioni Fishcount e Ciwf, riconosciute a livello mondiale, che hanno presentato delle precise statistiche a sostegno di questa (per me) sconvolgente verità.
Il Corriere della Sera riporta un interessantissimo articolo sulla questione, che consiglio a chiunque di leggere e che dimostra una volta in più quanto una seria educazione al rispetto degli esseri viventi del mare, pinnati (e non), sia diventata assolutamente indispensabile. Oltretutto il documento evidenzia come, nonostante sia noto che i pesci siano esseri senzienti, in grado di provare paura e dolore, quelli pescati vengono generalmente macellati senza essere stati precedentemente storditi e subiscano maltrattamenti durante e dopo la cattura (cit.). Solo a titolo d'esempio, si stima che siano necessari circa 440 pesci catturati in natura per nutrire un singolo salmone allevato. Vi sembra logico?
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Milioni di quintali di pesci finiscono in bocca ai pesci stessi |
Rendiamoci conto dell'inutile ed insensato spreco. E rendiamoci anche conto della sofferenza dei nostri amici pinnati, compagni di mille avventure di pesca. Da vero appassionato spero almeno che noi pescatori sportivi si abbiano a cuore le sorti degli abitanti del mare (e naturalmente dei fiumi, torrenti e laghi). Senza di loro la nostra passione non avrebbe alcuna possibilità di essere vissuta. Per questo non riesco a spiegarmi la reticenza di moltissimi pescatori verso il catch & release, ma questo è un altro discorso.
Allora che fare? Intanto potremmo, nel nostro piccolo, fare proseliti sulla necessità di una maggiore coscienza di quello che vuol dire pesca intensiva e cercare di favorire la diffusione, almeno sulle nostre tavole, di un pescato sostenibile. Evitiamo di favorire economicamente, attraverso la nostra spesa quotidiana, un industria della pesca insensata. Iniziamo invece ad orientare il nostro sguardo verso un consumismo cosciente e di coscienza. Se premiamo i prodotti etici, per le leggi di mercato i "non etici" dovranno scendere a più miti consigli.
Ne va del futuro del nostro pianeta e dei nostri figli.
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