giovedì 12 marzo 2015

Il "piatto" piange. Della serie: i pesci che lo spinning non considerava...

Ebbene cari lettori, ormai lontano da tempo dalla pesca compulsiva della quale ero preda una volta, ormai posso dedicare giusto qualche ritaglio di tempo al piacevole utilizzo della mia attrezzatura da pesca a spinning, oberato ormai dalle vicissitudini di vita che attanagliano l'uomo (e la donna) nei tempi moderni....

La piacevole visita dell'amico e compagno di pesca Ciospatito è stata la giusta scusa da poter utilizzare per dedicare qualche ora alla nostra piacevole passione, cioè: lo stare in piedi, con il vento in faccia, i piedi a bagno, il freddo alle mani ed il sicuro perculeggiamento al rientro a casa a mani vuote stanchi come ciuchi da soma dopo un intera giornata di lavoro nei campi. In sintesi: la pesca.
La destinazione decisa era il mare. Pieni di speranza e gonfi di sincero ottimismo (andiamo a piglià un po' d'aria salmastra, tanto del pesce manco le squame si vedrànno), ci alzammo all'alba (le 10 comode) e corremmo come forsennati per prepararci e raggiungere la spiaggia (cappuccio, brioches e letta veloce al giornale in pantofole) così da poter essere in pesca alle prime luci del mattino (s'eran fatte già le 11...).

Il vero pescatore che affronta impavido i marosi

La situazione che si presentò ai nostri occhi assonnati era da considerarsi discreta per le possibilità di una cattura. Una perturbazione era da poco passata ed il mare era in fase di scaduta, con acqua non proprio limpida ed i vari fossi ancora gonfi dalle piogge, tanto che gli sbocchi a mare degli stessi apparirono subito come hot spot dai quali partire.
Indossati gli stivali a coscia (indumento indispensabile per affrontare comodamente simili situazioni) ed armate le nostre canne, iniziammo a lanciare le nostre variopinte esche dalla riva con obiettivo la regina delle nostre coste, cioè la spigola.