Nelle classiche discussioni da bar dei pescatori a spinning moderni spesso nasce la questione sulla validità delle esche più costose, soprattutto confrontandole con gli artificiali che costano poco, talvolta anche meno della metà del più blasonato artificiale a cui si ispirano. Ed il dibattito si accende quando entra in campo la considerazione economica: "perché spendere venti quando, spendendo dieci, ottengo il medesimo risultato!?". Ma il risultato è davvero il medesimo? Il detto "chi più spende meno spende" non è più valido? E giù con racconti di prove provate, di esperienze esperienziali, di sentito dire e di detti sentiti che tirano l'acqua al mulino di una tesi o dall'altra.
Ebbene, anche io ho le mie idee in proposito e mi piace ora condividerle con voi in questo post pensato in una settimana, anzi dieci giorni trascorsi con zero pesca.
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Artificiali fantastici costano fantastiche somme |
Per affrontare il discorso in modo serio e completo innanzitutto è opportuno analizzare quali sono le quattro caratteristiche fondamentali di un artificiale, ovvero: l'estetica, l'assemblaggio, il nuoto e la durevolezza. Parlando dalla prima caratteristica, cioè l'estetica, è quella che contribuisce maggiormente ad attirare lo sguardo del pescatore ed è la prima informazione del come un artificiale è stato costruito. I colori, le forme, le rifiniture ci possono dire subito se il prodotto è stato progettato e realizzato con metodologie al risparmio o, al contrario, non si è badato a spese.
L'altra caratteristica distintiva è l'assemblaggio delle componenti dell'esca, inteso nel senso delle modalità costruttive e dei materiali utilizzati. Questa è una caratteristica che non sempre è definibile a prima vista. Infatti se ci si può accorgere facilmente della qualità di alcune delle componenti, vedi ad esempio l'ancorotto, non si può dire lo stesso dell'armatura, della qualità della plastica nelle esche rigide, della gomma nelle morbide, ne della robustezza delle componenti che formano il complesso dell'artificiale.